martedì 22 marzo 2016

Orange come: “Ti porterò le arance in carcere”

ALT! Considerazioni di una che s'è già macinata tutte e tre le stagioni. Quindi, se non volete rivelazioni scomode, sciò. Via. Ci si rivede al prossimo articolo.

Cosa dire di questa serie? Che l'ho amata alla follia. La prima stagione l'ho cerimoniosamente seguita in tv, appollaiata su una sedia della cucina, al lume della cappa. E di grazia che mandassero in onda non una, ma due puntate alla volta. In ogni caso, la fine del secondo episodio mi lasciava sempre di umore assatanato per il resto della settimana, non c'era modo di evitarlo.
E poi arrivò Netflix. Anziché piombare immediatamente sulla seconda stagione, godendo come un riccio, come sarebbe stato logico, mi ripassai tutta la prima dal principio, pregustando quella liaison fra tredicesima puntata della prima stagione e prima della seconda che il palinsesto crudele di Rai4 mi aveva negato.

L'intera trama e ogni singolo personaggio mi hanno colpita, ma cosa ho trovato di particolarmente originale?

L'inettitudine del maschio.
Ogni singolo uomo di Orange incarna la vigliaccheria, il fallimento, l'assenza.
I padri rinnegano i figli, come si vede nei casi di Piper e di Boo, oppure li maltrattano, li fuorviano... o ancora, scappano dalla famiglia, come il buon Bennett.
L'unico padre che vorrebbe assumersi le sue responsabilità, il secondino “Pornobaffo”, oltre che finire a sua volta in carcere, è potenzialmente squilibrato.
I mariti, quando non si umiliano davanti alle mogli, come Healy, o Caputo, le picchiano.
L'unico uomo coraggioso e degno di stima si trasforma sessualmente in donna: naturalmente, mi riferisco a Sophia.

L'involuzione
di Piper, per la quale inizialmente provavo una simpatia incondizionata, poiché si sforzava, seppur fra innumerevoli passi falsi (anche un po' da babbea, diciamocelo), di essere una persona decente. Sempre più insicura, non diventa certo umile; piuttosto, superba.
Mentre le sue certezze vanno sgretolandosi (la comprensione dei genitori, l'affetto incondizionato del padre, la fedeltà di Larry e dell'amica Polly, i suoi progetti, i suoi valori) e un'aggressività latente emerge, un'energia tutto sommato buona, ma da gestire (per evitare i parossismi che le fanno picchiare Doggett – quasi - a morte), Piper non si fa più genuina, come ci si aspetterebbe dal suo personaggio, così candido all'apparenza, ma anzi, impara a farsi strada tra sotterfugi e compromessi sempre più intricati, peggiorando velocemente la sua situazione (e perdendo la morale), in un modo che non si può giustificare del tutto con l'ambiente soffocante e le ingiustizie del carcere.
La parabola discendente di Piper accelera quando decide di far rinchiudere di nuovo Alex, che poi scarica per Stella, che a sua volta tradisce per vendicarsi di un furto da lei subito. Una serie di scelte all'apparenza macchinose, ma dettate soprattutto dallo stomaco, e che la assegnano definitivamente all'orgoglio.
Forse, la trasformazione di Piper impressiona tanto perché, se paragonata alle vicende umane delle compagne di carcere, che, al contrario, da presenze quasi esclusivamente ostili sembrano infine addolcirsi, sembra fare di lei un mostro.
In realtà, se volessimo cogliere la sua esperienza in un'ottica più ampia, potremmo intuire solo l'inizio di un percorso, cominciato comunque con il piede sbagliato, secondo principi erronei, ma indiscutibilmente umani.
Tradita e abbandonata persino dalla compagna Alex durante il processo, Piper, accusando uno shock dopo l'altro (si considerino i 18 mesi di detenzione come periodo), impara a contare solo sulle proprie risorse, quindi, a credere principalmente in se stessa.
La sua debolezza più grande, è l'impossibilità di rimanere single. Più volte si ritrova scaricata, anche quando crede di avere un'alternativa (Alex, Larry/ Alex, Stella).

Lo so, mi sono contraddetta. Prima dico che Piper trasformata nell'arco di pochi mesi in boss mafioso senza scrupoli è inverosimile, poi che è giustificabile. Forse dovrei riguardare l'intera serie da capo, per schiarirmi le idee!
Ho cercato di dilazionare sempre più la visione degli episodi per evitare l'ineluttabile: cioè, che finissero; ma ora che ho l'animo in pace, potrei serenamente rituffarmi nell'adorabile mondo a sbarre.
O magari, potrei mettere mano alla biografia di Piper Kerman, immediatamente acquistata, non appena ne ho scoperta l'esistenza.
Scelte come questa, mi deliziano. :3
Chissà se anche il libro si chiude con l'immagine stridente di una Piper sola, intenta ad autocelebrarsi con un tatuaggio del simbolo ∞ mentre Alex, la sua Alex va incontro al tragico destino che aveva sempre temuto (forse), e fuori le detenute rubano un magico momento di libertà, ritrovando chi l'amicizia, chi l'amore.

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