martedì 12 aprile 2016

|| WC - pausa wc

Vi parlo di quella in cui cercavo una compagnia e disperavo: era sera, e non avevo di che leggere,
una situazione assai noiosa da affrontare. In pantofole, impreparata all'idea di ripescare, come ultima soluzione, vecchie letture arcinote, desideravo una biblioteca aperta 24 h (nonostante mi reputi un'assidua rilettrice, qualche volta non si può proprio prescindere dal bisogno di novità).
Vittima della mia scarsa lungimiranza, mi risolsi per dare una riluttante sbirciata al comodino di mia mamma; e sul mobiletto trovai...
Shanna.
Aperta parentesi: chi non conosce l'impronunciabile nome di Kathleen E. Woodiwiss e la sua notevole produzione, l'ha comunque necessariamente vista, poiché ella è ovunque.
Ricordo che tempo fa, zia e mamma prendevano in prestito i titoli di quest'autrice da nonna, ultracinica donna dal cuore di sognatrice (sognatrice di sogni ROSA), arginando come potevano i sospiri di anticipazione, e i tomi in questione erano tutti enormi, esuberanti nelle loro edizioni tascabili: si presentavano come signore in carne fasciate dentro abiti a tubino, straripanti e, invero, parecchio alettanti a vedersi.
Osservando il loro atteggiamento di soddisfazione nel passarsi quelle (che sembravano) autentiche golosità narrative provavo una forte curiosità, ma solo l'idea di chiedere in prestito un romanzo rosa a una parente mi riempiva d'imbarazzo, tanto più che non avevo assolutamente dimestichezza con quel genere!
Ed ecco che dopo tanti anni (ne erano passati parecchi da che avvenivano questi furtivi commerci sopra la mia testa) avrei finalmente scoperto il segreto che le adulte si erano tramandate, e mi sarei smarrita del loro stesso smarrimento, ritirandomi in impudiche fantasticherie lunghe cinquecento pagine, a voler arrotondare per difetto.
E così, il libro cambiò stanza.
Com'è che diceva Zio Paperone? Me misero! Me tapino!
Col senno di poi, avrei voluto continuare a ignorare il mistero che si celava dietro i maturi entusiasmi.
Chiusa parentesi.

Di cosa parla, Shanna? Boh, non lo ricordo quasi per niente: una figlia di ricco possidente terriero, o forse mercante, che va a recuperare un prigioniero da una lurida gattabuia. Perché avesse bisogno proprio di lui, non lo so più.
E com'è che prosegue?
Ah, niente di speciale... la figlia ricca del ricco latifondista schiavista (o mercante) si innamora del prigioniero, che è architetto per vocazione e inventore nei ritagli di tempo, aitante bronzo di Riace, orgoglioso, volitivo, animato dallo spirito di un santissimo demonio.
Be', insomma, un soggetto di simile indiscreto fascino non lo si lascia a fare la muffa in gabbia, e questa sembra già una motivazione ragionevole per andarselo a recuperare.
E colei che dà il nome all'opera, invece, come si presenta?
Mah, una che non si nota...
Capelli non biondi, ma color miele; e quanti sono? Una massa. Una massa ondulata.
Occhi blu, credo, o forse verdi. Ad ogni modo, se blu, erano dell'esatta sfumatura dei topazi, e se verdi, degli smeraldi, niente di meno.
Viso a cuore, labbra a petalo di rosa. O a bocciolo, com'è che si dice? Insomma, le solite labbra rosse, morbide e imbronciate.
Incarnato latteo, pelle dalla consistenza burrosa. Costituzione minuta, misure 90/60/90. Seni antigravitazionali e perfettamente convergenti, fondoschiena giottiano, gambe lunghe, sebbene la statura sia contenuta -come si conviene a una bambola – fiera, dispotica/ dolce, casta/ ardente di desiderio, ma del tipo che non si scuce mai, neanche per un bacetto, come si confà ad ogni ritegnosa dama che si rispetti; infatti occorre rubarglielo fugacemente, quando si presenta il momento propizio.
Repressa? Ma no, è solo virtuosa! E perfettamente inserita nella sua epoca e nel suo ceto sociale, aggiungerei!
Ancora non mi spiego come abbia potuto trovare così difficile immedesimarmi nella protagonista del romanzo. Chissà. Forse, perché non ero degna neanche di una sua unghia incarnita, sempre che a un essere di cotanta perfezione possano occorrere simili inconvenienti...
Devo essere arrivata a un terzo scarso del libro, prima di darmi per vinta - so essere tenace, quando voglio – ma rendendomi conto che l'illusione non si veniva a creare, nemmeno esasperando la dodicenne che ancora da qualche parte alberga dentro la mia psiche (spiacente, è già votata alla trilogia del Cavaliere d'Inverno, mia cara Kathleeeennwoohhhhsssshhhh!...), ho definitivamente abbandonato il volume.
In sostanza, ho cercato di tenere botta perché lui sembrava figo - anche se un tantino troppo sagomato, magari - ma quando, dopo centocinquanta pagine di ripetuti assalti alla verginità dell'eroina della storia, lei ancora non cedeva, mi è andato di traverso anche il più piccolo, insignificante pruritino erotico.
Come da copione, il Genio e di Bronzo e di Riace non si limita solo a desiderare la bella fanciulla, ma la brama proprio, e continuamente, con appassionata devozione, prova a sedurla, quindi lei si affanna, ansima, i suoi seni palpitano (mi sono sempre chiesta come palpiti esattamente un seno, e se anche a me, in determinati contesti, succeda), ma alla fine, invariabilmente lo respinge. Lui mica si offende. La incenerisce con lo sguardo, dall'altro capo della sua virilità sconfinata, in qualche modo conserva la dignità e se ne fa una ragione. Una tempra davvero invidiabile. A questo punto, la lettrice è talmente in fregola che, se potesse far tanto di sostituirsi alla protagonista, non solo accoglierebbe le focose avances schiudendosi come un fiore, ma probabilmente provvederebbe ad aprirsi nuovi orifizi, perché quelli omologati non le basterebbero più.
Durante lo svolgimento di uno di questi scenari angosciosi e inverosimili, mentre assistevo a un oltraggiato Maschio Alpha che lampeggiava sguardi stravolti alla sua amata, come un cavallo a cui qualcuno abbia vibrato una sonora frustata sul culo, sentivo montare, spettrali, da qualche corridoio della coscienza, i violenti cori da stadio che sarebbero insorti in un contesto più usuale, francesismi tipo: [CENSORED] e, comprensibilmente, mi sono stonata.
Dev'essere stato allora che, frustrata, inappagata, ho rinunciato all'impresa.
Insomma, non aspettatevi che qualcuna delle basse pulsioni che l'essere umano nella sua quotidianità sperimenta turbi l'incanto di questa fiaba, no, non in Shanna, in questo lungo, lunghissimo universo storico, dove soltanto virtù e amore puro collimano nell'estasi!
Eh.
Altro che avventure e fantasie impudiche.
Chissà se Shanna, alla fine, cede alla tentazione. Ogni tanto, me lo domando...

L'esperienza insegna che: anche alle notti più buie si può sopravvivere, basta tenersi alla larga dai comodini degli altri.