Vi parlo di quella in cui cercavo una compagnia e disperavo:
era sera, e non avevo di che leggere,
una situazione assai noiosa da affrontare. In pantofole, impreparata all'idea di ripescare, come ultima
soluzione, vecchie letture arcinote, desideravo una biblioteca aperta
24 h (nonostante mi reputi un'assidua
rilettrice, qualche volta non
si può proprio prescindere dal bisogno di novità).
Vittima della mia scarsa lungimiranza, mi risolsi per dare una riluttante sbirciata al
comodino di mia mamma; e sul mobiletto trovai...
Shanna.
Aperta parentesi: chi non
conosce l'impronunciabile nome di Kathleen E. Woodiwiss e la sua notevole
produzione, l'ha comunque necessariamente vista, poiché ella è ovunque.
Ricordo che tempo fa, zia e mamma
prendevano in prestito i titoli di quest'autrice da nonna,
ultracinica donna dal cuore di sognatrice (sognatrice di sogni ROSA),
arginando come potevano i sospiri di anticipazione, e i tomi in
questione erano tutti enormi, esuberanti nelle loro edizioni
tascabili: si presentavano come signore in carne fasciate dentro abiti
a tubino, straripanti e, invero, parecchio alettanti a vedersi.
Osservando il loro atteggiamento di
soddisfazione nel passarsi quelle (che sembravano) autentiche golosità
narrative provavo una forte curiosità, ma solo l'idea di chiedere in
prestito un romanzo rosa a una parente mi riempiva d'imbarazzo,
tanto più che non avevo assolutamente dimestichezza con quel genere!
Ed ecco che dopo tanti anni (ne erano
passati parecchi da che avvenivano questi furtivi commerci sopra la
mia testa) avrei finalmente scoperto il segreto che le adulte si erano
tramandate, e mi sarei smarrita del loro stesso smarrimento,
ritirandomi in impudiche fantasticherie lunghe cinquecento pagine, a
voler arrotondare per difetto.
E così, il libro cambiò stanza.
Com'è che diceva Zio Paperone? Me misero! Me
tapino!
Col senno di poi, avrei voluto
continuare a ignorare il mistero che si celava dietro i maturi
entusiasmi.
Chiusa parentesi.
Di cosa parla, Shanna? Boh, non lo
ricordo quasi per niente: una figlia di ricco
possidente terriero, o forse mercante, che va a recuperare un prigioniero
da una lurida gattabuia. Perché avesse bisogno proprio di lui, non
lo so più.
E com'è che prosegue?
Ah, niente di speciale... la figlia ricca del ricco
latifondista schiavista (o mercante) si innamora del prigioniero,
che è architetto per vocazione e inventore nei ritagli di tempo,
aitante bronzo di Riace, orgoglioso, volitivo, animato dallo spirito
di un santissimo demonio.
Be', insomma, un soggetto di simile indiscreto fascino non lo si lascia a fare la muffa in gabbia, e questa sembra già una motivazione ragionevole per andarselo a recuperare.
E colei che dà il nome all'opera, invece, come si presenta?
Mah, una che non si nota...
Capelli non biondi, ma
color miele; e quanti sono? Una massa. Una massa ondulata.
Occhi blu, credo, o forse verdi. Ad
ogni modo, se blu, erano dell'esatta sfumatura dei topazi, e se
verdi, degli smeraldi, niente di meno.
Viso a cuore, labbra a petalo di rosa.
O a bocciolo, com'è che si dice? Insomma, le solite labbra rosse, morbide e imbronciate.
Incarnato latteo, pelle dalla
consistenza burrosa. Costituzione minuta, misure 90/60/90.
Seni antigravitazionali e perfettamente convergenti, fondoschiena giottiano, gambe lunghe,
sebbene la statura sia contenuta -come si conviene a una bambola –
fiera, dispotica/ dolce, casta/ ardente di desiderio, ma del tipo che non si scuce mai,
neanche per un bacetto, come si confà ad ogni ritegnosa dama che si rispetti; infatti occorre rubarglielo fugacemente, quando si
presenta il momento propizio.
Repressa? Ma no, è
solo virtuosa! E perfettamente inserita nella sua epoca e nel suo ceto sociale, aggiungerei!
Ancora non mi spiego come abbia potuto
trovare così difficile immedesimarmi nella protagonista del romanzo.
Chissà. Forse, perché non ero degna neanche di una sua unghia
incarnita, sempre che a un essere di cotanta perfezione possano
occorrere simili inconvenienti...
Devo essere arrivata a un terzo scarso
del libro, prima di darmi per vinta - so essere tenace, quando voglio
– ma rendendomi conto che l'illusione non si veniva a creare,
nemmeno esasperando la dodicenne che ancora da qualche parte alberga
dentro la mia psiche (spiacente, è già votata alla trilogia del
Cavaliere d'Inverno, mia cara Kathleeeennwoohhhhsssshhhh!...), ho
definitivamente abbandonato il volume.
In sostanza, ho cercato di tenere
botta perché lui sembrava figo - anche se un tantino troppo sagomato,
magari - ma quando, dopo centocinquanta pagine di ripetuti assalti
alla verginità dell'eroina della storia, lei ancora non cedeva, mi è
andato di traverso anche il più piccolo, insignificante pruritino
erotico.
Come da copione, il Genio e di Bronzo e
di Riace non si limita solo a desiderare la bella fanciulla, ma la
brama proprio, e continuamente, con appassionata devozione, prova
a sedurla, quindi lei si affanna, ansima, i suoi seni palpitano (mi
sono sempre chiesta come palpiti esattamente un seno, e se anche a
me, in determinati contesti, succeda), ma alla fine, invariabilmente
lo respinge. Lui mica si offende. La incenerisce con lo sguardo,
dall'altro capo della sua virilità sconfinata, in qualche modo
conserva la dignità e se ne fa una ragione. Una tempra davvero
invidiabile. A questo punto, la lettrice è talmente in fregola che,
se potesse far tanto di sostituirsi alla protagonista, non solo
accoglierebbe le focose avances schiudendosi come un fiore, ma
probabilmente provvederebbe ad aprirsi nuovi orifizi, perché quelli
omologati non le basterebbero più.
Durante lo svolgimento di uno di questi
scenari angosciosi e inverosimili, mentre assistevo a un oltraggiato Maschio Alpha
che lampeggiava sguardi stravolti alla sua amata, come un cavallo a
cui qualcuno abbia vibrato una sonora frustata sul culo, sentivo
montare, spettrali, da qualche corridoio della coscienza, i violenti
cori da stadio che sarebbero insorti in un contesto più usuale,
francesismi tipo: [CENSORED]
e, comprensibilmente, mi sono
stonata.
Dev'essere
stato allora che, frustrata, inappagata, ho rinunciato all'impresa.
Insomma,
non aspettatevi che qualcuna delle basse pulsioni che l'essere umano
nella sua quotidianità sperimenta turbi l'incanto di questa fiaba,
no, non in Shanna,
in questo lungo,
lunghissimo universo
storico, dove soltanto virtù e amore puro collimano nell'estasi!
Eh.
Altro
che avventure e fantasie impudiche.
Chissà
se Shanna, alla fine, cede alla tentazione. Ogni tanto, me lo domando...
L'esperienza insegna che: anche alle notti più buie si può sopravvivere, basta tenersi alla larga dai comodini degli altri.