lunedì 7 marzo 2016

Il Ballo, Irène Némirovsky

La storia si apre con un triste quadro della quotidianità di Antoinette, “una ragazzina di quattordici anni alta e piatta, con il volto pallido tipico di quell'età, così poco in carne da apparire agli occhi degli adulti come una macchia rotonda e chiara, priva di lineamenti, palpebre abbassate, occhiaie, una piccola bocca serrata...” una figlia di risaliti, i signori Rosine e Alfred Kampf, arricchitisi grazie a un “geniale colpo fatto alla Borsa”.
Vittima e bersaglio prediletto delle intemperanze della madre perennemente insoddisfatta, una donna dal carattere bipolare che vive nella costante paranoia che qualcuno scopra le sue modeste origini, la ragazza trascorre le giornate fra le lezioni di piano e quelle dell'istitutrice privata inglese; suo padre, il signor Kampf, funge da debole agente tampone fra lei e le sfuriate di Rosine, ma, essenzialmente, o si occupa delle finanze della famiglia, oppure soddisfa le esigenze (economiche) della consorte.
E così, per debuttare in società come si conviene, questi decide di dare un ballo. Insieme alla moglie, stila una lista di ben duecento invitati, e persino Antoinette partecipa all'organizzazione, scrivendo con la sua bella grafia gli indirizzi.
Si prospetta un sontuoso ricevimento e c'è trepidazione nell'aria, dovuta sia all'ingenza dei preparativi, sia al timore che qualcuno possa decidere di non presentarsi, ma Antoinette è oltre ogni preoccupazione: sogna la serata a occhi aperti, dando per scontata la sua presenza (che ne anticiperebbe addirittura il debutto in società, il quale, normalmente, per le ragazze avviene alla soglia dei quindici anni).
Purtroppo, scopre ben presto (in effetti, ancora fra la dettatura di un indirizzo e l'altra) che la sera del ballo dovrà coricarsi come di consueto alle nove, prima dell'arrivo degli ospiti, e andare a dormire dentro un ripostiglio, dato che, per l'occasione, la sua stanza sarà trasformata nell'angolo bar.
La frustrazione di Antoinette raggiunge il culmine, e si unisce ai primi veri moti di autoaffermazione adolescenziale.
SPOILER [Al ritorno dall'ennesima lezione di piano, miss Betty l'istitutrice, per avere qualche minuto di privacy con il fidanzato prima di doverlo congedare, chiede ad Antoinette di recarsi alla posta ad imbucare gli inviti.
Antoinette, osservando gli amanti mentre si allontana, patisce il peso della solitudine. Sebbene intimamente si senta già una giovane donna, pronta per affacciarsi all'amore, continua ad essere considerata da tutti una bambina, un'ingombrante presenza da ignorare o manovrare a piacimento.
Con risentimento, fa a pezzi gli inviti e li getta nella Senna.
Se, in un primo momento, la protagonista vive con angoscia l'attesa delle conseguenze del suo sabotaggio, giunta la fatidica sera, si scopre senza rimpianti. La compassione e la dolcezza che ogni tanto avvertiva per la madre vengono completamente soffocate dall'odio e dal disprezzo; sgattaiolando nel salone dove i genitori attendono invano gli invitati, gode della loro disperazione, e del litigio che ne consegue una volta arresisi a quello che credono un fallimento. Dopo che il padre se n'è andato (forse per sempre), Antoinette esce dal suo nascondiglio e, sovrastando una Rosine sconfitta, in lacrime, assapora il trionfo della vendetta, la forza della giovinezza, improvvisamente riscoperta. Troneggia sulla regina appena deposta – a sua insaputa – vecchia, e spogliata di successo e gloria.
Forse, avrei preferito che questo scambio di potere avvenisse più sottilmente; apparte questo appunto, il romanzo è breve e graffiante, una storia di bruciori: a partire dalle vessazioni subite dalla protagonista, attraverso le sue delusioni e le umiliazioni continue, e i confronti dai quali esce sempre perdente, fino alla trasformazione da essere sopraffatto, ma empatico, a prevaricatrice indurita dall'amarezza, pronta a rispondere alle crudeltà con ferocia maggiore.
Antoinette mi è apparsa come una versione super condensata dell'Heathcliff di Cime Tempestose, solo molto più meschina, e collocata in un contesto assai più prosaico.]
Questo romanzo è tanto passionale quanto breve. I parossismi dell'adolescenza sono precisamente fotografati in poche righe, e solo per gli stati d'animo contrastanti che attraversa la protagonista, vale la pena leggersi le sue 79 pagine.

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