La storia di una famiglia americana, a
suo modo tipica, ovvero: una moglie di origini armene, Eva, donna in
carriera che ha ideato una collana di guide per viaggiare
economicamente, e un marito, Franklin, fotografo pubblicitario, wasp
integerrimo.
Le periodiche esplorazioni di Eva, alla
volta di mete low – cost adeguate al suo target di turisti, si
traducono in lunghe assenze dal tetto coniugale, le quali provocano
l'insofferenza del marito e conducono la relazione a uno stallo. Eva
pensa di rimediare con un bambino, che però Franklin non desidera
affatto, e così rimane incinta con l'inganno; ma la maternità, che
attendeva come un'evoluzione, un'epifania, la lascia... indifferente.
Franklin
è un perfetto idiota, e durante la gestazione, impara a trattare la
madre di suo figlio
(quello che non voleva) con possessività, come temesse che Eva,
attraverso tutti quegli atteggiamenti che lui considera “scorretti”,
se non addirittura sconsiderati,
possa danneggiare una sua proprietà, accidentalmente finita nel di
lei grembo.
Kevin il neonato,
quando finalmente fa la sua comparsa, è già l'incarnazione del
male.
Un male sensuale e
diabolico, affascinante, nella sua natura squisitamente contorta.
Ripensandoci
(ovvero, una volta ripreso fiato, a fine lettura), non saprei dire
quanto abbia trovato realistici i rapporti descritti in questo libro.
Fra Kevin e la
madre avviene un continuo scambio di potere, di controllo: l'intesa è
quella che intercorre fra due avversari dichiarati, due eterni
duellanti, i quali non possono fare a meno di provare un misto di
timore e ammirazione reciproca; l'ottusità di Franklin, che lo
spinge in ogni occasione a considerare suo figlio immacolato come un
angelo, e sua moglie una depravata anafettiva, potrebbe essere
giustificata soltanto in una persona che si sente estremamente
colpevole; mentre la tenacia con cui Eva sopporta le vessazioni del
figlio da una parte, e le recriminatorie del marito dall'altra
(soprattutto queste ultime), è quasi un esempio di martirio.
Kevin non è
puerile nemmeno da bambino. È malvagio, vuoto, morboso, consapevole
di sé e delle sue frustrazioni già dalla più tenera età.
Calcolatore, intelligente, un piccolo asceta che rinuncia ad ogni
avere perchè sa che chi non ha niente da perdere è invulnerabile.
Non riconosce alcun tipo di autorità, è praticamente a prova di
fascino, perciò incorruttibile, non genera mai le situazioni
imbarazzanti, o goffe, tipiche degli infanti. È un bambino
indipendente e distruttivo, la cui immaginazione viene stimolata
esclusivamente dal dolore.
Nonostante le
dramatis personae incarnino quasi degli ideali assoluti, non
so attraverso quale meccanismo o magia, la Shriver è riuscita
comunque a indagarne la psicologia con naturalismo disarmante; e così
la staticità dei personaggi, che sono, sì, complessi, ma come
“schierati”, avvinti al loro ruolo sin dal principio, viene
completamente inabissata sotto uno strato di tensione costante; e
solo verso il finale, quando i fatti comportano un violento cambio di prospettiva, ci
si accorge di essere rimasti in attesa di una risoluzione sin dalle
prime pagine.
SPOILER [A
tal proposito, senza voler fare anticipazioni: devo ancora giudicare
la rinuncia – o disfatta - di Kevin.]
Se il romanzo, da
una parte, frusta il lettore, sospingendolo con forza da un capitolo
all'altro, allo stesso tempo, esercita una pressione tale da imporgli
delle pause. È una narrazione che va assunta in dosi, e la
sconsiglio vivamente a chi è in dolce attesa, o stia attraversando un periodo di
crisi familiare, poichè potrebbe influenzare un umore già instabile
mooolto negativamente – se non dargli il colpo di grazia
definitivo.
E con questa
pruriginosa sensazione di oddio se è così sconvolgente lo devo
assolutamente leggere ORA!, vi saluto, augurando a tutti un
lungo, ozioso e ventoso sabato!
Nessun commento:
Posta un commento